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Gli MGMT rischiano di essere protagonisti di uno degli scivoloni più clamorosi della storia musicale recente. Se lo meritano? No dai. In fondo la loro colpa è solo quella di essere due studenti americani che con un disco di elettropop sono stati incensati come i salvatori della musica. Con la sfrontatezza di due gagni hanno creato la loro visione di poter solo giocare ad essere famosi e scimmiottare lo stardom…oh, alla fine sono diventati famosi davvero (e ci siamo ritrovati ‘Time To Pretend’ un po’ ovunque).
Intrappolati nella loro supponenza, sfornano un seguito di Oracular Spectacular (2007) che è bel lungi dall’essere spettacolare. La nuova sonorità parte dalla formazione live della band: scordatevi quindi l’elettropop minimale del debutto, le melodie a 8bit, gli interessanti richiami all’inglesità di Eno e Bowie. Il nuovo disco Eno lo tira in ballo letteralmente, ma non musicalmente. Si è passati a uno strano pop psichedelico moderno, dal sound più ‘live’ e meno elettronico, con i testa i Beatles. Ma se li sognano, i pezzi dei Beatles.
C’è una costante sensazione di noia, abbinata ad una mancanza cronica di pezzi validi, di ritornelli, di qualsivoglia fonte di divertimento. Il singolo ‘It’s Working’ è talmente anonimo che hanno pure chiesto scusa online. ‘Someone’s Missing’ sembra che l’abbiano scritta dopo aver visto Velvet Goldmine, senza capirci una bega. Quale messaggio cerchino di far passare e motivo di dibattito; di sicuro non viene fuori dallo strumentale riempitivo ‘Lady DaDa’s Nightmare’ o dai dodici minuti rubati alla vostra vita di ‘Siberian Skies’ (che contiene comunque gli unici momenti interessanti)
Questi si sono chiusi in un cottage convinti di fare gli artisti e sparare fuori un capolavoro, sono usciti fuori che sembrano gli Air dei poveri. Male. E che la stampa estera si risparmi sparate tipo ‘Con questo disco gli MGMT separano i veri fan dagli ascoltatori occasionali’, ‘gli MGMT dicono addio ai radio poser’. ‘Congratulazioni’ un paio di balle.
Marco Brambilla