Jack Jaselli chiuderà il suo tour con due show con band al completo, e la prima tappa di questi concerti si terrà ad Home Festival venerdì 31 agosto 2018. Una giornata che, come affermato dallo stesso musicista che abbiamo contatto per due chiacchiere, lo vedrà sia nel ruolo di musicista ma anche di appassionato che, dopo il suo show, appoggerà la chitarra per godersi i concerti della giornata, con una particolare attesa per i Prozac+.
Il tuo ultimo lavoro è il singolo “Nonostante tutto” scritto con circa settanta carcerate del carcere di Giudecca. Come è nata questa esperienza e cosa hai imparato?
La collaborazione è nata in modo molto naturale, con un concerto fatto lì su invito dall’associazione Closer. Doveva essere solo un singolo episodio, ma poi abbiamo scelto di fare un lavoro insieme senza alcuna ambizione. Poi è nato da solo tutto, dal brano al documentario perché poi abbiamo scelto di raccontare il tutto per immagini. Mi sono portato via una grande esperienza: era la prima volta che andai in un carcere, e andai almeno un paio di volte al mese per sette mesi, ed inoltre ho avuto l’opportunità di scrivere un documentario. Lo scambio umano è stato molto intenso: è un universo diverso con i quali pochi di noi si confrontano e parlare di libertà con gente che la vedono da lontano è, da certi versi, una cosa molto illuminanti.
Hai avuto la fortuna di trovare alcune musiciste nel collettivo?
Le ragazze sono state coinvolte nel testo, con il quale hanno espresso le loro sensazioni, e hanno principalmente cantato il coro finale. La registrazione è stata fatta in carcere con l’aiuto di Max Casacci, con il quale abbiamo allestito una sorta di studio per far registrare le voci alle ragazze.
2018, tour nei club e negli open air, con Home Festival come per ultima data. Come lo descrivi quest’anno?
Molto bene, un anno di nuove cose: è il primo anno che canto a pezzi in italiano, soddisfazioni aspettate tra cui l’esibizione al Premio Tenco, cose che non mi sarei aspettato con i miei primi pezzi in italiano. Devo dire che è stata un’estate che mi ha permesso di suonare da solo, in duo, in varie formazioni, sperimentando sonorità più rock ed intime. Le ultime due date saranno con una megaband, con sette persone sul palco, e quella di Home Festival sarà la prima data. Non vedo l’ora.
Che tipo di concerto porterai ad Home Festival?
Uno show che mischi esattamente quanto ho fatto e mi è piaciuto. Una sorta di sonorità più roots, figlia dell’America e dell’Africa, mettendo dentro anche alcuni pezzi in italiano del disco che uscirà, fondendo il cantautorato italiano con quello statunitense. Condividerò il palco con Prozac+, Prodigy e Incubus e, come sempre, quando suono ad Home Festival è bello dopo lo show fermarsi a vedere grandi show di band italiane e straniere e fare due chiacchiere con i colleghi che conosci. Sono curioso della reunion dei Prozac+: è la mia adolescenza punk liceale. Voglio sentire anche i Prodigy, gli Incubus, ma anche i Mellow Mood e i Ministri. Credo sarà proprio una bella giornata.
A fine tour prenderai una pausa?
Sì, ma sarà molto breve. Questo perché voglio mettere in piedi un’idea folle che mi è saltata in mente non molto tempo fa, proprio durante l’estate. Per scaramanzia non voglio e posso dire nulla ad oggi, mancano ancora tutti i puntini da collegare un po’ come il gioco della Settimana Enigmistica, ma a metà settembre svelerò tutto.
Il tuo nuovo disco è stato scritto on the road, magari nel viaggio negli USA che hai fatto?
Il prossimo disco che uscirà, dopo due dischi da indipendente e un disco registrato in autonomia e pubblicato da Universal, sarà una via di mezzo tra un EP e un vero album. I brani li scrissi praticamente in Italia, con la collaborazione di Max Casacci dei Subsonica, ma il materiale scritto in questo tour farà parte di un altro lavoro che non uscirà prima del 2019. Certo, quando vado via sono uno che ama scrivere in ogni occasione.
Hai suonato live intimi e in supporto ad artisti in grandi contesti. Cosa preferisci?
Sono due cose diverse e bellissime entrambe: mi piace suonare da solo, ho ottimi ricordi di un tour in trio, ma anche i palchi grandi. La cosa divertente della mia proposta è che si può adattare in più contesti.
Il documentario ti ha visto coinvolto nella stesura. Prima dei quarant’anni ti regalerai il debutto da regista?
No, sinceramente non mi ci vedo dietro la macchina da presa. Mi è piaciuta questa cosa e questo genere di cose, come il raccontare viaggi o esperienze, ma preferisco ancora il ruolo di autore o di storyteller.