Da nome caldo su YouTube a vero e proprio artista in tour in poche settimane: se c’è un fenomeno cresciuto in maniera esponenziale nel nostro Paese in questo 2018 The André ne è l’esempio più eclatante. Musicista che ripropone nei toni del cantautore genovese hit della musica italiana contemporanea, nel 2018 è stato protagonista di un lungo tour che proseguirà anche in questa coda d’anno. Lo abbiamo incrociato ad Home Festival 2018 per due chiacchiere.
Se non fossero esistiti i social, il tuo progetto avrebbe avuto lo stesso impatto mediatico che ha oggi?
Secondo me assolutamente no, perché dal momento che ho caricato i primi video su YouTube all’exploit è avvenuto in tipo tre giorni ed è avvenuto tutto con ricondivisioni che sono state fatte anche con personaggi più noti. È stato un crescendo improvviso ma tutto virtuale.
Perché la scelta di questo nome, perché proprio De André e perché esibirsi in anonimato?
The André è per differenziarmi dall’originale e richiamare nel nome l’immaginario indie. Ho scelto De André perché il progetto è nato perché sono proprio un suo fan sin da ragazzino, imparando a cantare e suonare sopra le sue registrazioni. Pian piano ho interiorizzato un po’ il suo modo di fare e quando questa cosa è partita, inizialmente con dei vocali in Whatsapp, proprio per uscire da un periodo di ascolto compulsivo della sua musica. Quindi bisognava detronizzarlo e la maniera migliore era fargli cantare dei pezzi che non c’entrassero nulla con il suo repertorio.
Con che logica scegli i suoi pezzi?
I primi sono semplicemente gli unici trap che conoscevo, genere che ho imparato a conoscere da poco, e immagino fossero i più virali perché erano gli unici che conoscevo. Di seguito ho esplorato un po’ l’ambiente, cercando quelli che mi divertivo di più a coverizzare e nei quali emergeva la distonia della cosa. Le più recenti sono sostanzialmente degli inediti perché sono delle canzoni trap riscritte in un linguaggio più alto e in una forma più simile a quelle della canzone. “British” della Dark Polo Gang ne è un esempio.
“British” è una sorta di marchetta..
Ma non è la prima volta. Mi capitò di fare la stessa cosa al Flowers Festival di Torino quando mi ritrovai ad aprire a Carl Brave x Franco 126 e, in quell’occasione, il pubblico chiese un loro pezzo. A riguardo racconto un piccolo aneddoto: la stavo provando in camerino con il tastierista e, mentre la provavo spalle alla porta, entrò nel camerino proprio Franco 126. Ne rimasi sorpreso.
Hai fatto un tour, qualche piano nel 2019? Lo userai come cavallo di Troia per qualche tuo progetto personale?
Se si vuole essere sinceri queste ultime due canzoni sono degli inediti quindi, di fatto, lo sto già usando come cavallo di Troia. È chiaro che un progetto di questo tipo non sarebbe durato in eterno e che, prima o poi, si sarebbe dovuto evolvere in qualche direzione.