Perché il Primavera Sound 2019 segnerà il futuro dei festival europei

Si è letto tantissimo della nuova edizione di Primavera Sound 2019, la rassegna che porterà artisti di ogni genere al Parc Del Forum di Barcellona dal 30 maggio al 1 giugno prossimi. Feedback eterogenei, spinti molto probabilmente dal desiderio di una reazione immediata dettato dal dover dire la propria opinione nel tempo di un tweet, e quindi spesso non ponderati. Ma, ragionando a bocce ferme a qualche giorno dalla pubblicazione della lineup, con il 2019 il Primavera Sound delinea di fatto il percorso futuro dei festival europei e, perché no, internazionali.

Di sicuro la notizia non è quella della lineup composta per il 50% da donne. O, almeno nel suo piccolo lo può anche essere, ma una lottizzazione di questo tipo che può far sembrare un festival la Rai Anni Ottanta non è da prendere come una notizia positiva. Per una semplice ragione: il ridurre lo spettro umano da uomo e donna nel 2018 suona soooo 1968 e reazionario, soprattutto in uno scenario come quello attuale dove le tematiche LGBTQI vengono trascurate da buona parte della politica internazionale, per non citare solo quella italiana. Una mossa che non solo il malizioso, ma anche la persona meno razionale che si possa trovare in giro, può pensare sia dettata dall’impatto mediatico avuto da #metoo e #shesaidso. Movimenti dalle tematiche giuste, niente da dire, e la difesa della causa femminista rimane una battaglia da portare avanti ogni giorno. Ma focalizzarsi solo su questa fa dimenticare quello che è oggi il vero fronte sul quale lottare per i diritti civili e sociali.

(Senza considerare il fatto che se questa lottizzazione porta ad inserire in lineup artiste come la cantante reggaeton vista nella diretta di mercoledì, ben vengano gli headliner esclusivamente di sesso maschile da vent’anni a sta parte al Reading And Leeds)

Come la notizia non è quella del mainstream che espugna il fortino hipster. Una scelta inevitabile per gli organizzatori, se il loro desiderio è far fare il salto definitivo alla rassegna dal punto di vista numerico. Da quello qualitativo, Primavera Sound è fuori discussione, e a parlare sono le lineup delle scorse edizioni. La prossima edizione è quella che sancisce l’ingresso in pompa magna della musica ad alto tasso radiofonico nel weekend catalano di fine maggio, cosa che comunque non è una novità perché solo nella scorsa edizione erano presenti artisti macinaclassifiche come Migos, Lorde, Arctic Monkeys e, andando indietro di qualche anno, i Radiohead non rimangono ignoti alle vette delle charts. Certo, nel 2019 da questo punto di vista sono state fatte le cose in grande, e la conseguenza è trovarsi tra i nomi annunciati Charli XCX, Cardi B, Future e il trittico del sabato J Balvin, Solange e Rosalia.

Il vero punto che a molti, ma non a tutti, è sfuggito è il fatto che Primavera Sound detterà volente o nolente le regole di un festival eterogeneo da qui ai prossimi anni. Più del Coachella (che se non fosse per la location, la prima riga della lineup giornaliera e l’appeal social sarebbe inferiore al festival catalano già da diversi anni) e più anche del Glastonbury (dove la quota metallo, sempre presente al Primavera Sound, nel Somerset è sempre stata presentata col contagocce). Il vero muro abbattuto è infatti quello dei generi musicali. Non solo più musica “ricercata”, ma uno spettro musicale che passa dal reggaeton del già citato J Balvin al death metal dei Carcass, passando per l’elettronica di Apparat, il rap di un icona come Nas e il pop di Carly Rae Jepsen, il tutto senza dimenticare le radici ben rappresentate da Jarvis Cocker, Primal Scream e Suede per citare tre artisti. Tanti nomi nuovi, protagonisti dei Viral 50 di Spotify, ma anche reunion inattese, come il ritorno dei Jawbreaker e quello degli Stereolab, e le solide certezze, come gli Shellac ormai resident band di fatto del festival. Trovatemi una rassegna da almeno 25000 ingressi giornalieri che possa vantare una eterogeneità così ampia di generi nell’arco della stessa giornata.

Il festival del futuro: Primavera Sound 2019 si può descrivere con queste quattro parole. Può piacere o non piacere, ma la rassegna spagnola con il “the new normal” anticipa di almeno un lustro come dovrà essere costruita la lineup di una rassegna. Forse sarà solo una parentesi e questa edizione sarà un flop così sonoro da spingere ad una restaurazione già dal 2020; ma di fronte ad una mossa così coraggiosa è più che lecito sognare.