Dieci date per il ritorno on stage dei One Dimensional Man, dopo una lunga pausa caratterizzata, per due terzi della band, dal successo del Teatro Degli Orrori.
Abbiamo incontrato la band al completo (anche se il ruolo da protagonista se lo è ritagliato il loquace Pierpaolo Capovilla) nel camerino del New Age di Roncade poche ore prima del concerto per una lunga chiacchierata.
Un ritorno tanto atteso quanto “inaspettato”. Quali sono state le ragioni che vi hanno spinto a ritornare?
Pierpaolo: Volevamo interrompere prima di tutto questa lunga pausa! Siamo di fronte ad un grandissimo momento per noi, e con il successo del Teatro degli Orrori ci è sembrato giusto proporre il repertorio classico dei One Dimensional Man, una delle cose, e te lo dico con una falsa modestia, che è tra le più autentiche del rock italiano. Il momento è perfetto per far sentire le canzoni anche a chi non ha avuto modo di vederci, in passato; infatti, il nostro pubblico è ora composto dagli aficionados dei ODM, ma anche da chi ci ha conosciuto solamente di recente come TDO.
Come siete entrati in contatto con Luca, batterista per questo tour?
Giulio: Ci siamo conosciuti perché abbiamo gli Zu come amici in comune. Poi una volta arrivò nel mio studio a registrare e rimasi sbalordito dal suo drumming; siamo rimasti in contatto e, quando Luca si trasferì a Padova un paio di anni fa, la strada è stata tutta in discesa.
Pierpaolo: E’ anche da dire che, dopo molti anni nei quali giri l’Italia per suonare dal vivo, sono ben pochi i musicisti bravi, qualli abili nel calcare il palco. Di gente brava in Italia ce n’è tanta, ma batteristi come Luca, onestamente, non ce ne sono tanti, quindi.. carpe drummer!
Un tour che ormai è agli sgoccioli, visto che quella di oggi sarà la penultima data. Come ha accolto il pubblico i vostri concerti?
Pierpaolo: I concerti sono andati in crescendo: le prime due serate ero ingessatissimo, emozionato, avevo quasi paura. Provo sempre un po’ di soggezione nel salire sul palco, e ora devi anche tenere conto che, di fatto, ogni data è stata un vero e proprio debutto. Poi, dopo otto date, ci sentiamo più rodati ed affiatati. Come pubblico è stato un successo: ricordo bene la data di Perugia e quella al Magnolia di Milano. Vuol dire che negli anni passati abbiamo seminato bene!
Giulio: Rispetto al Teatro degli Orrori, le date con i One Dimensional Man sono diverse, perché le persone non conoscono bene i nostri pezzi, quindi restano più attenti e posati.. sembra quasi di suonare di fronte a della gente che crede di essere ad un museo.
Perché avete deciso di far ruotare il concerto attorno al vostro terzo disco, “You kill me”?
Giulio: E’ il disco che è a metà della carriera e che, fatalità, ci rappresenta di più. Contiene tutti gli elementi che caratterizzano la nostra musica, con pezzi più brevi e più efficaci, dal mio punto di vista. Poi anche un po’ per moda, visto che lo fanno in molti. Però ti assicuro che la seconda parte dello show è composta da altrettanti brani tratti dai rimanenti tre album.
Pierpaolo: “You kill me” è il nostro disco più maturo, dal punto di vista musicale ma anche letterario, e come ha detto Giulio anche più rappresentativo. Il concerto, però, è fatto di 25 pezzi; molta gente si è lamentata perché il live è troppo lungo, e la botta di suono ti assicuro che è notevole, però poi la gente vediamo che, a fine serata, si ferma.. quindi la cosa, pur essendo oggetto di critiche, a conti fatti funziona.
La vostra discografia è stata ristampata in un boxset che venderete ai vostri concerti e sul sito. E’ una semplice ristampa o avete fatto un remastering di questi lavori? E cosa dobbiamo aspettarci da questa “nuova” etichetta, La Tempesta International?
Giulio: Il primo disco è stato rimasterizzato e alcuni ritocchi li abbiamo fatti anche per il secondo; le ultime due release, invece, non sono state toccate. Nello specifico, il primo album è del 1997 e suonava troppo basso, e non solo a livello di volumi. L’idea iniziale del progetto La Tempesta International, invece, è quella di promuovere tutti quei gruppi italiani che cantano in inglese, facendo un passo a dieci anni dalla fondazione dell’etichetta. Il tutto ovviamente in ottica di buttarci anche nel mercato estero.
Però in queste serate suonerete anche alcune nuove composizioni.. un buon presupposto per un quinto disco targato ODM?
Pierpaolo: Nel nostro repertorio già noto, introdurremo un pezzo strumentale inedito. Però i lavori per il nuovo disco sono ancora in corso, e posso dirti che suonerà molto diverso rispetto ai quattro passati. Da un lato perché vogliamo crescere e guardare al futuro, e dall’altro perché la tradizione la fai se riesci a rinnovarla. Infine, con Luca non ci limitiamo al 4/4 e ad un rock semplice vicino al punk; con lui possiamo andare oltre.
Da gente che gira per l’Italia come musicisti da anni, com’è la situazione della musica nazionale attualmente? Avete notato cambiamenti rispetto agli anni di “You kill me”?
Pierpaolo: Rispetto ad una volta, siamo in ripresa e la situazione è ottima: c’è tanta voglia di suonare, nuovi gruppi e splendidi ritorni, come fatto nei giorni scorsi dai Massimo Volume. E’ un bel momento e credo che il rock possa fare molto per i giovani, un fattore positivo di progresso sociale, politico ed etico. Ci sentiamo partecipi della società civile italiana, coscienti che il nostro paese ha bisogno di uscire dalla decadenza culturale nella quale è sprofondato. Noi, ma anche tutti gli altri che vogliono seguire questa strada. Il “Music control”, che deve morire impiccato, spero finisca il prima possibile: è ora di rompere l’omertà mafiosa che gira nel panorama della musica leggera italiana. Siamo arrivati ad un punto nel quale, ormai, non si dice più niente: non si racconta il paese, non si narrano le sue contraddizioni, le ingiustizie. E l’interesse c’è, perché vedo la gente negli show del Teatro degli Orrori: davanti vedo i ragazzi giovanissimi, e dietro i 40-50enni. E riconosco l’affetto per le rockstar ma anche per le canzoni: vedo un ritorno al contenuto, alla poesia, all’etica. La gente si è stancata di tutta la superficialità e l’edonismo attuale, siamo arrivati ad un punto di regressione tale che bisogna reagire.
Come stanno andando gli spettacoli su Majakovskij? E pensate di fare qualcosa di ambizioso attorno a questi concerti, come un cd/dvd commemorativo o un tour teatrale?
Pierpaolo: Abbiamo intenzione di fare entrambe le cose, e c’è l’idea di far diventare il progetto qualcosa di più forte di quanto lo sia già. L’universo di Majakovskij è di una profondità spaventosa, e basterebbe solo sé stesso, senza alcun adattamento. Io stesso, che lo canto, non mi sento particolarmente degno di interpretare una voce così forte della poesia russa. E, se devo dirla tutta, lo stesso Majakovskij è una rockstar ante litteram: girava la Russia e l’Europa per recitare e cantare le sue poesie. La sua è una poesia urlata, perfetta per le masse e anche per i giovani, che induce grandi speranze. E in questo momento, in Italia ma anche nel mondo, ciò che ci serve di più è la speranza, cioè avere la voglia di cambiare le cose.
Nicola Lucchetta